Perché Dio, che è amore, ha creato l’inferno?

É molto diffusa questa convinzione: “l’Inferno non può essere eterno, perché Dio, che è sommo amore, non può permettere che le sue creature soffrano per sempre…”
Insomma, eternità dell’Inferno e amore di Dio appaiono incompatibili. Se Dio è amore, l’Inferno non può essere eterno.
Giovanni Papini (1881-1956), nel suo libro “Il diavolo”, pone in forma di domanda se un giorno, non l’Inferno, ma la pena dei dannati, debba finire. Ma già nei primi tempi del Cristianesimo si poneva la questione. Origene (183-254) parlava di apocatastasi, ovvero di un tempo futuro in cui Dio chiuderà l’Inferno e porterà in Paradiso tutti i dannati.
Eppure non c’è affatto incompatibilità tra sommo amore di Dio ed eternità dell’Inferno.
Prima di tutto va detto che in Dio ci sono tutte le virtù al grado massimo, dunque se è virtù la misericordia è anche virtù la giustizia, da qui si capisce come Dio sia disposto a perdonare fino all’ultimo istante della vita di ognuno e poi applichi la giustizia.
Dio e l’Inferno: incompatibilità o “assonanza”?
Detto ciò, vediamo adesso più precisamente perché non c’è incompatibilità tra eternità dell’Inferno e amore di Dio. Anzi, non solo non c’è incompatibilità, bensì c’è perfino “assonanza” (in questo caso non fonetica ma concettuale), nel senso che è proprio l’eternità dell’Inferno ad attestare l’amore di Dio.
Meglio: se l’Inferno non fosse eterno, ciò sarebbe in un certo senso in contraddizione con il suo amore. Vediamo perché!
Sappiamo che Dio ci ha creati per amore e non per necessità, proprio perché Dio, che è assoluto, non poteva e non può aver bisogno di nessuno. Dio ha dimostrato questo amore dandoci il massimo che poteva darci, massimo che è indicato nelle parole del Genesi: (…) facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.
Ciò ovviamente va inteso a livello spirituale: come Dio ha una volontà, un’intelligenza ed una libertà, anche l’uomo possiede queste tre facoltà. Si tratta, nell’uomo, di un’intelligenza, di una volontà e di una libertà infinitamente inferiori a quelle di Dio, ma vere.
Immaginiamo che Dio ci avesse donato non una libertà vera ma falsa, illusoria. Ciò significherebbe che Dio non ci ha amato davvero, cioè non ci ha donato il massimo che poteva darci.
Chiediamoci: come si fa dimostrare se la libertà è vera o meno? La risposta è molto semplice: se tale libertà produce degli effetti veri o illusori nel tempo.
Forse può esserci di aiuto questo esempio: se compro un vestito che non è di marca, dopo qualche lavata non potrò più indossarlo, ma se invece compro un vestito di qualità, allora sì che mi durerà nel tempo. Lo stesso vale per la libertà. Se è falsa, le conseguenze del suo esercizio saranno del tutto ininfluenti, ma se è vera, il suo esercizio dovrà produrre delle conseguenze altrettanto vere.
Dunque, la libertà che noi abbiamo ricevuto da Dio (che è vera!) produce degli effetti reali, e gli effetti reali nell’eternità devono essere altrettanto eterni.
Faccio un altro esempio: immaginiamo che tra un miliardo di anni Dio chiuda l’inferno e faccia andare tutti in Paradiso (diavoli e dannati), insomma un po’ quello che diceva Origine, ebbene cosa sono un miliardo di anni rispetto all’eternità? Nulla. Nemmeno un batter d’occhio! Ciò significherebbe che la libertà dell’uomo non avrebbe la possibilità di produrre nulla, dunque che questa libertà non sarebbe vera.
Ecco perché l’inferno è eterno, ed ecco perché non deve sorprendere che questa eternità sia l’esito non solo della giustizia ma anche, indirettamente, dell’amore di Dio. L’inferno è eterno, perché Dio non ci ha donato una “patacca”, cioè un falso, ma una libertà vera!
Leggiamo queste parole di sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Mettono i brividi, ma fanno ben capire tanto la tragicità dell’Inferno quanto la grandezza dell’uomo che, relativamente a come usa la sua libertà, può donarsi un eternità di gioia o un’eternità di dolore: “Se un angelo a quest’ora portasse la notizia ad un dannato che Dio lo vuol cavare dall’Inferno, ma quando? Quando saranno passati tanti milioni di secoli, quante sono le gocce d’acqua, le fronde degli alberi, le arene nel mare e della terra, voi vi spaventereste ma è pur vero che quegli farebbe festa a questa notizia, che non fareste voi se aveste la notizia di esser fatto re di un gran regno. Sì, perché direbbe il dannato: è vero che passeranno tanti secoli, ma verrà un giorno in cui finirà tutto. Invece passeranno tutti questi secoli, quante sono le arene, le gocce, le fronde e l’inferno sarà da capo”.
E a proposito di quanto non si possa mettere in discussione la verità dell’eternità dell’Inferno, Pio XII, nel discorso all’Unione Giuristi Cattolici d’Italia del 5.2.1955, dichiarò: “La Rivelazione e il Magistero della Chiesa stabiliscono fermamente che, dopo il termine della vita terrena coloro che sono gravati da colpa grave subiranno dal supremo Signore un giudizio ed una esecuzione di pena, dalla quale non vi è alcuna liberazione o condono. Iddio potrebbe anche nell’al di là rimettere una simile pena; tutto dipende dalla sua libera volontà; ma Egli non l’ha mai accordata né mai l’accorderà (…) il fatto della immutabilità e della eternità di quel giudizio di riprovazione e del suo adempimento è fuori di qualsiasi discussione.”