Mozart: la formazione di un genio

Mozart: la formazione di un genio - Schola Palatina

Molti credono che un genio non sia altro che una speciale manifestazione del suo tempo; oppure, all’opposto, credono che egli nasca adulto come Minerva dalla testa di Giove, senza dover niente a nessuno. La vita di Wolfgang A. Mozart può dar pretesto a entrambi questi pregiudizi, specialmente al secondo.

Egli difatti fu il classico esempio del bambino-prodigio, che sembrava non avesse bisogno di apprendimento e di tirocinio. Ma spesso tali geni precoci finiscono col deludere o col diventare degli squilibrati. Invece il piccolo Mozart diventò uno dei più grandi geni della storia, e questo anche perché egli ebbe due grandi vantaggi: quello di avere un padre acuto e previdente, e quello di nascere in un ambiente culturale ricco e stimolante.

Mozart e la formazione paterna

Leopold Mozart, padre del piccolo Wolfgang, era un valente musicista erede di una tradizione culturale che univa il rigore bavarese alla raffinatezza austriaca. Egli non solo seppe scoprire le precocissime doti del figlioletto, ma le formò con una disciplina severa e tenace, dotandolo di un bagaglio musicale di prim’ordine, facendogli conoscere tutti i “segreti del mestiere” e allenandolo a suonare vari strumenti. Lo stesso Wolfgang riconoscerà poi che, se non fosse stata domata da questa disciplina paterna, la propria esuberanza lo avrebbe spinto a sprecare le doti per scopi futili o indegni.

Quando si accorse che i propri insegnamenti erano ormai divenuti insufficienti, il padre fece in modo che il figlioletto viaggiasse per mezza Europa, conoscendo personalmente i maggiori musicisti dell’epoca e assimilando gli stili e i generi musicali allora in voga. Questo permise al fanciullo di realizzare una personale sintesi di vari stili e di sperimentare tutte le conquiste e scoperte musicali dell’epoca, comprese quelle strumentali come il neonato pianoforte.

Solo dopo questo tirocinio il piccolo Wolfgang poté diventare quel genio che conosciamo. Le magnifiche composizioni scritte quando era ancora adolescente, sono dovute appunto al fatto che la sua prodigiosa e precoce creatività era stata già formata da un’assoluta padronanza tecnica e nutrita da una maturazione del patrimonio artistico dell’epoca. L’apparente spontaneità e semplicità della musica mozartiana è in realtà frutto non solo di un’inesauribile ispirazione, ma anche di una rigorosa e raffinata disciplina tecnica, senza la quale lo slancio creativo cadrebbe nel dilettantismo e nell’inefficacia.

Il padre ebbe cura di dare al figlio anche una buona formazione religiosa ed etica. Cattolico sincero, ligio alla propria etica di “onesto tedesco”, ostile allo spirito scettico e cinico dell’epoca, Leopold abituò Wolfgang ad agire secondo coscienza morale e onestà professionale.

Anche quando entrò in collisione col padre, soprattutto per via della scelta matrimoniale, il figlio gli fu sempre riconoscente per la severa formazione ricevuta. Questa formazione, Wolfgang non la perse del tutto nemmeno quando, negli ultimi anni di vita, si adeguò alla frivolezza e alla mondanità della vita sociale viennese ed entrò nella setta massonica.

Fino alla fine egli conservò un buon carattere, una fondamentale onestà e perfino quella certa qual innocenza e leggerezza quasi infantili, che si manifestano chiaramente nella sua musica dandole un fascino particolare che commuove.

Papà Leopold è stato accusato di grettezza e ambizione, di aver sfruttato il figlioletto pubblicizzandolo come un fenomeno da circo, di avergli danneggiato la carriera. Sono accuse sostanzialmente ingiuste, smentite dalla stima e dalla devozione che Leopold ricevette dai suoi contemporanei e soprattutto dal figlio stesso.

Del resto, le critiche del padre verso alcune importanti scelte del figlio si rivelarono purtroppo giuste. Il matrimonio sbagliato di Wolfgang gli compromise la salute, sia fisica che morale; la sua pretesa di vivere a Vienna come libero professionista lo avviò al fallimento economico; il suo comportamento ingenuo, imprudente e ostinato verso la buona società del tempo gli compromise la carriera professionale.

Queste disavventure ci fanno capire che la formazione di Wolfgang non era stata completa ed omogenea come dovuto. Restò infatti uno squilibrio, anzi un contrasto, fra il musicista e l’uomo. Se il primo spiccava, il secondo non risaltava affatto: aspetto insignificante, qualità mediocri, attrattiva sociale scarsa.

Alla consapevolezza del proprio genio artistico non corrispondeva un’adeguata capacità di farlo valere nella vita civile. Questa manchevolezza è tipica di certi geni, immersi nella loro creazione e dimentichi del mondo in cui vivono; ma in Wolfgang essa aggiunge un certo fascino al personaggio, accrescendone la fama d’ingenuità e fragilità, e la triste fine precoce sigilla il mito dell’artista incompreso.

La formazione ambientale

L’altra grande fortuna del piccolo Wolfgang fu quella di nascere in un ambiente culturale fortemente ricco, vivace e stimolante. A partire dalla fine del Medioevo, l’arte tedesca era maturata sempre più, emancipandosi dalla matrice latina e cominciando a minare la lunga supremazia italiana.

Ogni città importante aveva una vita artistica locale tenuta in vita da corali, complessi strumentali, collegi musicali e corporazioni professionali; molti esponenti dell’aristocrazia, compresi i sovrani regnanti, erano non solo mecenati di musica ma anche validi musicisti; compositori ed esecutori viaggiavano per l’Europa, assimilando le novità artistiche e influenzando le scuole delle varie nazioni.

Nella nostra epoca grigia e rozza, è difficile immaginare una tale vivacità artistica, testimoniata dalle cronache e soprattutto dalle partiture. All’epoca di Mozart, la civiltà europea sembrava giunta al culmine. L’ambiente naturale laboriosamente coltivato, quello economico arricchito dal commercio, quello sociale regolato dai miti costumi, quello artistico raffinato dal barocco e dal rococò, quello religioso spiritualizzato dalle solenni cerimonie: tutto contribuiva ad elevare lo “spirito pubblico” e sembrava condurlo ad un’epoca di felicità.

La cultura settecentesca cercava di contemperare ragione e passione, rigore e fantasia, austerità e sensualità, laboriosità e divertimento. L’atmosfera generale era ben espressa dalla celebre frase di Talleyrand, secondo la quale “non ha conosciuto la dolcezza del vivere, chi non ha vissuto nell’Europa dell’Ancien Régime”, ossia prima della Rivoluzione Francese. La personalità e lo stile di Mozart esprimono al meglio quella mentalità amabile e spensierata, tipicamente austriaca, che spiritualizza le gioie della vita nelle dolcezze dell’arte, trascurando le banali contingenze materiali.

Inoltre la frequentazione degli ambienti aristocratici europei raffinò ed elevò la sensibilità del giovane, rendendolo capace di scrivere quella che è stata definita «la più nobile musica della storia», riflesso di quella raffinata «civiltà della conversazione» che era vanto dell’Europa del tempo (Romain Rolland).

Il musicista «raccolse le svariate e molteplici manifestazioni di un’epoca al tramonto, s’impossessò di quanto esse avevano di più prezioso e diede a loro una formula eterna. (…) L’opera sua rispecchia alla perfezione non soltanto il fior fiore della produzione musicale, ma anche il carattere generale del suo tempo» (Bernhard Paumgartner). Insomma, «Mozart ha saputo sintetizzare tutto il suo secolo trasfigurandolo in linguaggio musicale» (Alfred Einstein).

Un genio che va al di là dell’Illuminismo

Eppure il genio mozartiano era nettamente superiore e anche in contrasto con la civiltà artistica dell’Illuminismo: egli la riteneva superficiale e caduca, in quanto rifletteva una concezione della vita arida e cinica che inaridiva le più profonde fonti della vita spirituale. Con intuito prodigioso, Mozart assimilò ma non copiò, scelse il meglio e respinse il peggio, compose per il pubblico ma non ne seguì i gusti ed anzi lo educò ad una estetica superiore, purificando e spiritualizzando quello “stile galante” che deliziava la società colta.

Così egli realizzò la propria personalissima riforma musicale applicando la massima di “ritornare all’antico”, ossia alle radici della grande musica europea: polifonia e contrappunto. In questo modo Mozart riconciliò l’antico col moderno e fuse il genio musicale nordico con quello meridionale, fondando assieme ad Haydn lo “stile classico” e aprendo una nuova epoca artistica.

Purtroppo il talento di Mozart, come precocemente era sorto, così prematuramente tramontò a soli 35 anni; il suo esempio rimase isolato e la sua riforma non venne proseguita. Secondo il musicologo Robbins Landon, se quel genio fosse vissuto più a lungo, influenzando personalmente Beethoven e il nascente romanticismo, la storia della musica avrebbe preso un’altra strada, avviando un’arte più nobile di quella che poi prevalse lungo il XIX secolo, un’arte che avrebbe realizzato un superiore equilibrio tra sentimento e ragione, tra reale e ideale. Ma la storia, anche quella della musica, non la si può fare con i “se”.

Nel prossimo articolo esamineremo le caratteristiche della musica mozartiana, cercando di riassumere il segreto della sua grandezza e del suo successo.

L’apparente spontaneità e semplicità della musica mozartiana è in realtà frutto non solo di un’inesauribile ispirazione, ma anche di una rigorosa e raffinata disciplina tecnica, senza la quale lo slancio creativo cadrebbe nel dilettantismo e nell’inefficacia.

FONTE: Radici Cristiane n. 15

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