Che cos’è la legge naturale?

Che cos'è la legge naturale ? - Schola Palatina

Per comprendere cosa sia la legge naturale, innanzitutto dobbiamo capire cosa si debba intendere per legge.

Tommaso d’Aquino afferma che la legge è un ordine della ragione (ordo rationis) verso il bene. Ordo significa orientamento, orientare ad un fine: la ragione che ordina al fine (teleologia) prende il nome di legge. E così quando Tizio pensa: «Voglio andare al ristorante», si sta orientando ad un fine, si dà una legge d’azione, imprime a se stesso un comando di volontà.

Chiarito nei suoi termini più essenziali il concetto di legge, prima di trattare della legge naturale è necessario accennare alla legge eterna.

Per legge eterna, sempre secondo l’insegnamento tommasiano, si deve intendere la ragione di Dio che muove/orienta ogni ente al debito fine. Quando Dio crea qualcosa lo crea per un fine, imprime in esso una finalità. La struttura intima dell’ente rivela il fine, come quando guardiamo una sedia e la sua struttura comunica il fine suo proprio: la sedia è un oggetto che serve per sedersi. Dio pone un fine intrinseco in ogni ente, animato e non.
Gli esseri inanimati sono intrinsecamente orientati alla conservazione del loro essere: permangono nel loro stato. Invece il finalismo proprio degli enti animati/organici, da una parte, prende il nome, nelle scienze empiriche, di funzione se riferito ai vegetali (v. sintesi clorofilliana), alle cellule (v. la divisione cellulare), ai tessuti, agli organi (v. il battito cardiaco per il cuore) e all’organismo (v. sussistenza in vita e riproduzione). La funzione implica finalismo: le foglie sono fatte in modo tale per concorrere alla sintesi clorofilliana, l’occhio è strutturato in modo tale da soddisfare il fine della vista, ecc.
Su altro fronte il finalismo proprio degli enti animati/organici prende il nome d’istinto quando riguarda le azioni degli animali non umani: la riproduzione, la ricerca del cibo, il fuggire dai pericoli ecc.

Possiamo ora comprendere meglio cosa sia la legge naturale.

Cosa si intende per “legge naturale”?

Nella creatura razionale il finalismo impresso dalla lex aeterna prende il nome di legge naturale. Dunque quando la legge eterna riguarda l’uomo si chiama legge naturale. In altri termini la legge naturale è quella parte della legge eterna che riguarda l’uomo. Dato che la persona umana è singolo di materia e forma, ossia unione strettissima di un principio materiale (il corpo) ed uno immateriale (l’anima), questo finalismo impresso in noi da Dio sarà sia di ordine materiale che spirituale. Così avremo un finalismo intrinseco a cellule, tessuti, organi e organismo (pensiamo alla riproduzione, alla regolazione temperatura, al sistema immunitario, ecc.) ed un finalismo intrinseco dell’anima che ci inclina alla conoscenza del vero, alla socialità, alla trascendenza, alla proprietà, ecc.

L’insieme di queste finalità, sia materiali che spirituali, l’insieme di queste inclinazioni prende il nome di natura: natura intesa come fascio di inclinazioni. La natura allora è fine, come diceva Aristotele. Va da sé che oltre alle inclinazioni buone esistono anche le pulsioni negative, che derivano in primis dalla corruzione della natura umana a seguito del peccato originale e in secondo luogo dai vizi acquisiti. Sono quindi inclinazioni disordinate: pensiamo alla pulsione di rubare, di avere rapporti non con il proprio coniuge, di sopraffare gli altri, di mentire ecc.

Dunque in noi c’è un certo orientamento verso alcuni fini che proviene da Dio. In altri termini partecipiamo a questo orientamento, partecipiamo alla legge eterna.

Negli enti diversi dalle persone, la partecipazione alla legge eterna è solo passiva: ad esempio gli animali subiscono passivamente le funzioni dell’organismo e i propri istinti, ne sono regolati in modo deterministico.

Nelle persone la partecipazione è passiva e attiva. In merito alla partecipazione passiva: noi subiamo tutte le inclinazioni naturali, siamo soggetti in cui questa tensione a tali fini agisce sempre, siamo agiti da queste inclinazioni. E siamo soggetti passivi sia dei finalismi materiali (la divisione cellulare, il battito cardiaco, ecc.), sia immateriali, cioè spirituali (la conoscenza, la trascendenza, la socialità, ecc.). Subiamo questa tensione al di là della nostra volontà (i moti psichici si possono porre a metà tra la sfera empirica e quella metafisica). In merito alla partecipazione attiva, dobbiamo dire che con gli atti volontari possiamo assecondare oppure contrastare le inclinazioni naturali, sia di ordine materiale e che immateriale. Non saremo così più agiti dalle inclinazioni, ma diventeremo attori delle stesse. Quindi con il nostro libero arbitrio possiamo assecondare o contrastare il finalismo impresso in noi da Dio.

E così il finalismo materiale alla vita può trovare opposizione nella nostra decisione di toglierci la vita; quello volto alla procreazione con la contraccezione; l’anelito alla conoscenza e alla trascendenza possono essere contrastati rispettivamente con la decisione di rimanere ignoranti e darsi all’ateismo. Quindi la persona umana è essere determinata nella sua natura, ma determinante nei suoi atti. La prima è data da Dio, i secondi sono voluti dagli uomini. Dunque un concetto chiave in merito alla legge natura è quello di partecipazione. Infatti Tommaso ricorre a questo concetto per formulare la definizione di legge naturale che è la partecipatio legis aeternae in rationali creatura, ossia la partecipazione alla legge eterna nella creatura razionale.

Il concetto di legge

Illustrato sempre in modo sintetico cosa sia la natura umana, proviamo ora a chiarire il concetto di legge nell’espressione “legge naturale”. Lo facciamo attraverso un percorso a tappe.

Partiamo da un giudizio descrittivo fattuale: l’uomo è costituito da alcune inclinazioni, questa è la sua natura. Proseguiamo verso un doppio giudizio descrittivo valoriale, un doppio giudizio di valore e domandiamoci: che tipo di natura possiede la persona umana? Qual è la sua qualità? La sua natura è razionale, non vegetativa né sensitiva, ed essendo razionale la sua natura è preziosissima, come se fosse fatta di oro zecchino.
Ora giungiamo ad un secondo giudizio descrittivo valoriale: bene sarà assecondare queste inclinazioni, male contrastarle. Ad esempio fai il bene dell’uomo innocente se non lo uccidi, fai il suo male se lo uccidi. Per quale motivo? Per due motivazioni in cui la prima motivazione trova fondamento nella seconda motivazione. Innanzitutto perché non uccidere la persona è consono alla inclinazione naturale alla vita impresso nella natura della persona stessa. In secondo luogo non uccidere è atto consono alla dignità della persona, alla sua preziosità intrinseca data dalla natura razionale, è atto proporzionale alla sua dignità. Questo è il principio fondamentale di tutta la morale naturale: l’atto deve essere sempre proporzionale alla dignità personale.

Dopo un giudizio descrittivo fattuale (constatiamo che abbiamo una natura umana), dopo un primo giudizio descrittivo valoriale (la sostanza di questa natura è razionale) e dopo un secondo giudizio descrittivo valoriale (è bene compiere atti consoni alla razionalità di questa natura), ecco che approdiamo finalmente al giudizio morale, al giudizio prescrittivo: devi tutelare la vita, non devi uccidere; devi tutelare la proprietà, non devi rubare ecc. Un comando espressione della legge naturale.

La ragione allora compie più azioni. In primis riconosce l’esistenza di alcune inclinazioni, poi le paragona a sé per verificare se sono inclinazioni razionali o irrazionali. A questo proposito è bene precisare che la ragione o la natura razionale diventa pietra di paragone per le inclinazioni. Come una persona (ragione) che, di fronte a molte giacche (le inclinazioni), le indossa per verificare se sono della sua misura, se le vanno bene. In breve è il giudizio di congruità/conformità alla natura razionale che qualifica un atto sul piano morale come buono o cattivo.
Come già accennato, è la conformità alla natura razionale dell’uomo, la conformità alla sua dignità che indica la bontà dell’azione. Per chiarire meglio il concetto facciamo un paio di esempi. Non è bene dare della benzina ad una pianta a motivo della natura della pianta, per come è fatta la pianta. Di converso è bene darle dell’acqua. Parimenti non è bene versare acqua nel serbatoio di un’auto a motivo della “natura” del motore dell’auto, ossia per come è fatto il motore dell’auto. Di converso è bene mettere nel serbatoio della benzina.

Dopo aver riconosciuto l’esistenza delle inclinazioni naturali e dopo aver distinto quelle buone da quelle cattive applicando il criterio di conformità alla natura razionale, la ragione trasforma le inclinazioni in giudizi operativi, in comandi/divieti. Ecco il passaggio fondamentale che ci conduce dalla natura umana alla legge, al comando. La ragione riproduce in norme, ossia in orientamenti d’azione, l’orientamento della natura (poi tramite soprattutto la volontà trasformerà le norme di azione in azione vera e propria). Ecco quindi il passaggio dalla ontologia alla deontologia, dall’essere al dover essere, dalla natura alla morale.

Possiamo quindi comprendere meglio ora il senso dell’espressione legge naturale. “Legge” indica è un comando («devi/non devi»); “naturale” è un aggettivo che rimanda alla fonte da cui deriva il comando. Infatti quest’ultimo viene ricavato dalle inclinazioni naturali, dalla natura, natura che è così voluta da Dio: è Dio che ci ha voluto con queste inclinazioni. Quindi i comandi moralmente validi sono autonomi – perché formulati dalla ragione dell’uomo – ma si tratta di un’autonomia non assoluta, ossia slegata da qualsiasi fonte esterna dalla volontà dell’uomo, ma relativa, in relazione alla natura umana.

Allora la fonte della legge naturale è insieme triplice ed unica. «Non uccidere» è un comando formulato dalla ragione, che asseconda le inclinazioni naturali, ossia la natura, la quale natura è stata così voluta da Dio. Ragione, natura, Dio sono le fonti della legge naturale, indicate da quella prossima a quella remota che è la vera fonte ultima della legge naturale. Per capirci facciamo un esempio. A chi domandasse da dove proviene l’energia elettrica sarebbe corretto rispondere che proviene dalla centrale idroelettrica (la ragione). Ma sarebbe anche giusto rispondere che viene dall’energia cinetica del torrente (la natura). Infatti la centrale idroelettrica trasforma l’energia cinetica in energia elettrica (come la ragione trasforma le inclinazioni naturali/la natura in norme morali). Ma infine sarebbe parimenti corretto rispondere che l’energia elettrica proviene dal ghiacciaio (Dio) che sciogliendosi genera il torrente. Dunque la fonte dell’energia elettrica è triplice: centrale idroelettrica, torrente, ghiacciaio. La prima è la fonte prossima, la seconda è fonte più remota, la terza è la fonte ancor più remota.

Tornando alla triplice fonte della legge naturale ragione-natura-Dio, un comando buono e dunque un’azione buona saranno contemporaneamente consoni a queste tre fonti e un comando malvagio e un’azione malvagia saranno contemporaneamente antitetici a queste tre fonti. Se dunque un comando o un’azione contrastano con la ragione, sicuramente saranno in contraddizione con la natura e il volere di Dio. Se invece un comando o un’azione non è confacente con la natura umana, di certo sarà un comando o un’azione irragionevole e non orientabile a Dio. E infine un comando o un’azione in rotta di collisione con il volere di Dio, senza dubbio sarà anche un comando o un’azione contro ragione e contro natura.

Per un approfondimento sul tema: T. Scandroglio, La legge naturale. Un ritrattoFede & Cultura, Verona, 2017

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