San Bernardo di Chiaravalle, la ragione contro il razionalismo

San Bernardo di Chiaravalle è un grande santo e un grande filosofo. Sì: un grande filosofo. Anche se su un “buon” manuale di storia della filosofia si tende a dedicargli poche righe. D’altronde questo è il destino di molti grandi e — diciamolo francamente — di buona parte della filosofia medievale nei nostri licei.
San Bernardo nacque in Francia, presso Digione, nel 1090 e morì a Clairvaux nel 1153. Personaggio di grande fascino. Quando bussò al portone dell’abbazia di Clairvaux era accompagnato da dodici uomini, tutti parenti (fratelli e cugini); la mamma già era morta e l’unico a resistergli fu il papà; ma poi, quando questi lo sentì qualche anno dopo predicare sull’interno, anch’egli abbandonò tutto e si fece monaco.
San Bernardo di Chiaravalle amava il silenzio del chiostro e se fosse stato per lui non Io avrebbe mai abbandonato. Fu però più volte costretto a viaggiare perché molti potenti di allora ricercavano i suoi consigli. Quando poi sembrava che veramente potesse ritirarsi, fu eletto papa un suo monaco (Eugenio III) che più volte lo mandò a chiamare, e così il povero san Bernardo fu costretto ancora a fare vita attiva.
Va amata la ragione non il razionalismo
Quei pochi che trattano di san Bernardo e del suo pensiero ne parlano come un avversario della ragione, come un mistico e basta (come se i mistici odiassero la ragione…). San Bernardo. invece, amava la ragione più dei razionalisti, ed erano proprio questi ultimi che non sopportava.
Disputò, infatti, con Abelardo, il quale diceva anche cose buone, ma aveva il difetto di “giocare” troppo con la ragione, di utilizzarla come strumento astratto. San Bernardo no. Egli diceva che la ragione, per essere vera, deve accettare i propri limiti e aprirsi al Mistero. Ci teneva, pertanto, ad evitare i due grandi errori che si possono commettere riguardo la ragione: o annullarla completamente nell’opera della conoscenza o, all’opposto, pretendere che essa possa spiegare tutto.
San Bernardo di Chiaravalle: il fine della filosofia è poter gustare Gesù Cristo
Ma dove san Bemardo è grande è quando afferma che la ragione, più che attardarsi nella ricerca delle verità particolari, più che perdersi in sottigliezze logiche, più che correre dietro alle astruserie, deve indagare stessa per ritrovarsi in Dio. Diciamolo francamente, qui c’è tutto il pensiero autenticamente medievale: la conoscenza è sì importante, di essa non se ne può fare a meno, ma deve essere finalizzata al possesso di Dio. A cosa serve sapere tante cose poi non se ne conosce l’unica che davvero vale, ovvero la fonte di ogni felicità e realizzazione, che è appunto Dio?
Quella di san Bemardo è, dunque, una filosofia intesa come ricerca del vero, poiché l’uomo non ha altra verità da raggiungere che possedere Dio stesso. E questa verità — precisa san Bernardo — non si raggiunge con la presunzione dialettica (i discorsi e i ragionamenti complicati) che inganna l’uomo nell’illusione assurda di una perfetta scienza e autosufficienza. Dio si rivela agli umili!
San Bernardo amava dire: “Gesù Cristo è la mia filosofia interiore“. Il senso della vita è nel gustare la presenza di Cristo. Chissà cosa direbbe dei nostri salotti radical-chic… In una importante opera, De diligendo Deo, parla di quattro gradi di amore. Il primo: l’amore che l’uomo ha di se stesso(una sorta di “socratismo cristiano”). Il secondo: l’amore a Dio non ancora per Dio stesso, ma per sé. Il terzo: l’amore a Dio non più per se stessi, e neppure per il prossimo, ma soltanto per Dio. Il quarto: l’amore dell’uomo a se stesso ma per Dio (sono le cosiddette “nozze con il Signore”).
Situazione, quest’ultima, non sempre raggiungibile a causa del corpo mortale. Si badi: non del corpo in quanto tale, ma del corpo “mortale”. In san Bemardo, infatti, da buon medievale, non vi è nessuna deriva spiritualista. Egli così scrive nell’Epistola 11: «Dio ha offerto (la salvezza) a degli esseri che godono della carne, affinché imparino, attraverso di essa, a godere in egual modo dello spirito».
Non male per il presunto spiritualismo del misticismo medievale! Tornando al quarto grado del De diligendo Deo (l’amore dell’uomo a se stesso, ma per Dio), si capisce come san Bernardo rifiuti un’impostazione gnostica di annullamento dell’individualità e della corporeità: si ama Dio partendo dall’amore di sé e conservando l’amore di sé.
Fu realista perché amò la Madonna
Un’ultima notizia, filosofica, anche, può non sembrare tale: san Bernardo è chiamato “il cantore di Maria” perché ebbe una grande confidenza con la Madonna che più volte gli apparve: non per niente, fu lui a comporre la bella preghiera del Memorare e, almeno secondo una tradizione, perfino la Salve Regina.
E infatti proprio sulle sue labbra Dante pone la bellissima preghiera alla Vergine del canto XXXIII del Paradiso. Con ogni probabilità la sua forte devozione alla Madonna si deve anche al grande realismo che lo contraddistinse. Così come può essere anche il contrario: fu realista proprio perché amò molto la Madonna.
FONTE: Radici Cristiane n. 58